(downhill) "CON IL DOWNHILL CI SENTIAMO LIBERI". UNO STILE DI VITA IN BICI

Corriere Dell'Umbria,20 maggio 2011- by Maria Moroni

Il Downhill, in gergo “Dh”, è considerato la specialità più spettacolare della mountain bike e consiste nell'effettuare un percorso in discesa nel minore tempo possibile, a cronometro individuale, su tracciati di differente grado di difficoltà e lunghezza (varia da 1 a 4 km)  con due manche a disposizione. Le protezioni integrali sono obbligatorie e sono stile motocross poiché si può superare anche gli 80 km/h.

A Foligno inizialmente era solo Freeride ora è anche Downhill, insomma il lato estremo della mountain bike è protagonista.

L’ a.s.d. Foligno Freeride è una realtà sportiva nata agli inizio dell’anno e fortemente voluta da alcuni appassionati folignati di queste specialità estreme della mountain bike: il team è composto dal presidente Michele Romagnoli, vice presidente Filippo Fabrizi, l’economo Roberto Corrao, i segretari Luca Romagnoli e Marco Peppoloni. Questo gruppo è formato da 12 atleti pronti, ogni fine settimana, a provare forti emozioni in sella della propria bici.

Il giovane presidente Michele Romagnoli ci spiega come è nata la a.s.d. Foligno Freeride.

Cosa significa il nome Freeride?

“ Freeride  letteralmente significa “guidare liberi” e questo stile può essere applicato a vari tipi di sport, come ad esempio lo sci, lo snowboard, ma anche alla bici. Nello specifico il Freeride, in gergo FR, è un tipo di interpretazione della mountain bike. Si percorre, in discesa, un sentiero e l'abilità dei freerider consiste proprio nell’affrontare rampe, drop, ostacoli potendosi, così, esprimere al meglio effettuando salti che permettono di compiere vari tipi di evoluzioni. A dir la verità siamo amanti della bici a 360 ° e quindi passiamo con molta facilità da una disciplina all’ altra, l’ importante è sentirsi liberi immersi nella natura.”

Quali sono i vostri impegni agonistici nella disciplina del Downhill?

“ Quest’anno partecipiamo al circuito Gravity Race del centro Italia che comprende le regioni dell’Umbria, Toscana, Lazio, Abruzzo e Marche, oltre, ovviamente ad altri circuiti come per esempio il  Super Enduro X-Mountain & Gravity Endurance ed altre gare del campionato Uisp e Federazione ciclistica italiana.”

Come è andata la gara di domenica scorsa del Gravity Race al parco Batteria di  Terni?

“ E’ andata abbastanza bene, possiamo rimanere soddisfatti.

La prossima gara, la 5° tappa su 7,  sarà il 22 maggio a Città di Castello per poi concludere il Gravity con l’ ultima tappa a Pizzoli (Aq) nel bike park del Vallone delle Cese.“

A quali gare parteciperete prossimamente?  

“ Terminato il Gravity vorremmo partecipare alla Maxi Avalanche che si svolgerà a Cervinia il 24 luglio oltre a varie uscite nei vari bike park del nord Italia, della Francia e Svizzera.”

(boxe pro) GIACOBBE FRAGOMENI “MI FERMO A LANGHIRANO. TRA LE COLLINE PARMENSI HO TROVATO LA MIA DIMENSIONE”

Mensile Samurai, Aprile 2011- by Maria Moroni

 

L’incontro tra Giacobbe Fragomeni e la boxe avviene sul finire degli anni ’80.

Il giovane ribelle, stufo di una vita fatta di eccessi, quando aveva 20 anni entrò per la prima volta nella palestra milanese del maestro Ottavio Tazzi, detto il "nonno".

Non ebbe una grande accoglienza perché il “ nonno” non aveva tempo da perdere con chi non voleva  praticare seriamente la boxe e, così, nel primo periodo Fragomeni dovette conquistare la fiducia del suo maestro. Per la prima volta salì sul ring a 21 anni e a 22 aveva già aveva combattuto  una cinquantina di incontri da dilettante. Sono passati più di 20 anni e, oggi, Giacobbe Fragomeni, dopo una brillante carriera da dilettante conclusa con la partecipazione alle Olimpiadi di Sydney 2000, aggiunge nel suo palmares da professionista il suo V campionato del Mondo, quattro diputati nella sigla WBC e l’ultimo nella WBO.

Da dicembre 2010 si allena presso la palestra Boxe Parma con il maestro Maurizio Zennoni trasferendosi a Langhirano (PR). Fin dagli inizi del professionismo ha fatto sempre parte della scuderia Opi 2000 gestito dal promoter Salvatore Cherchi e dal manager Christian Cherchi.

Gli si illuminano gli occhi quando parla del “nonno” e di quando ricorda i suoi inizi con la boxe. 

E proprio dagli occhi, dai suoi occhi luminosi e vispi di color verde che iniziamo questa intervista.

Cosa significa guardare negli occhi l’avversario?

“ Devo distinguere i vari momenti, prima e durante il match: prima del match e quindi durante le operazioni di peso, cerco di incrociare lo sguardo del mio avversario per vedere come si comporta, se è intimidito, se è spavaldo e sicuro di se, insomma inizio a studiarlo. Come dice sempre il mio maestro Maurizio Zennoni “l’occhio tutto può far al di fuor di mentir” e quindi, in base a questa massima, lo guardo fisso negli occhi per capire  la sua reazione.

Poi sul ring è tutta un’altra cosa. Quando sono all’angolo, nei minuti che precedono l'inizio del match, non lo guardo più di tanto, mentre quando suona il gong non gli tolgo più lo sguardo in modo da capire  il suo stato d’animo.”

Cerca di intimorire l’avversario con il suo sguardo?

“ No, si intimorisce da solo!

Ho un tipo di boxe da demolitore, vado sempre avanti guardandolo fisso negli occhi, non facendo mai un passo indietro. Questo tipo di boxe è molto pressante. A dir la verità è in questo modo che ho vinto molti dei miei match. I miei avversari si demoralizzano perché vedono, ma soprattutto sentono, la mia pressione fisica e psicologica.”

Come si prepara Giacobbe Fragomeni per un match?

“ Condurre una vita sana è fondamentale per ogni atleta, soprattutto per quelli che praticano sport individuali. Al mattino faccio la preparazione atletica nelle colline parmensi e nel pomeriggio vado nella palestra Boxe Parma sempre con Maurizio Zennoni. Durante la preparazione per il combattimento preferisco non vedere nessun video del mio avversario perché studiare i suoi match precedenti serve a poco considerando che potrebbe sempre cambiare tipo di boxe. Mi informo solo se è mancino.”

Come è iniziata la sua carriera da professionista?

“ Sicuramente non nel migliore dei modi…

In totale sono 10 anni che combatto da professionista, dopo aver partecipato alle Olimpiadi di Sydney 2000, ma in realtà sono 8 anni perché nei primi due la fortuna non ha bussato alla mia porta.

Nel 2002 ha avuto un brutto infortunio al tendine del bicipite brachiale sinistro (gomito sinistro) e l’ anno successivo, nel 2003, mi sono operato allo scafoide della mano destra. Poi, fortunatamente, tutto è passato ed ho iniziato a combattere seriamente grazie al team di Salvatore e Christian Cherchi.”

Nella sua vita, oltre alla boxe c’è anche un altro amore che si chiama Letizia Maria, vero?

“ Assolutamente si! E’ la mia bimba, il mio gioiellino di 5 anni. Invertendo i due nomi l’ho chiamata come mia sorella maggiore, in ricordo di lei, alla quale ero molto legato.”

Data la sua età pensa alla fine della sua carriera da pugile?

“ La fine della carriera, cos’è ? si mangia? A parte gli scherzi, sono molto concentrato nella mia attività da pugile e quindi, per ora, non so cosa farò da grande !!!

La vita da atleta si è allungata molto e fino a quando il mio fisico e la mia mente reggeranno, continuerò.

Una cosa è certa…prenderò gli attestati necessari per diventare tecnico di boxe e personal trainer…..ma solo per insegnare alle donne ! “

(volo aliante-disabile) ZUCCARINI, AVVOCATO DA RECORD. E' IL PRIMO DISABILE AD AVER CONSEGUITO IL BREVETTO DI VOLO SU ALIANTE

Corriere Dell'Umbria, 4 Febbraio 2011- by Maria Moroni

 

Crash.

La vita di Stefano Zuccarini cambia per sempre.

E’ la mattina del 30 settembre 1991 quando, a pochi metri da casa, rimane vittima di un incidente in moto. In quegli anni Stefano era un giovanissimo praticante legale. Si stava recando alla stazione ferroviaria per andare in tribunale a Roma. A quella udienza non arrivò mai…

Qualche settimana dopo lui stesso ascoltò la sentenza più dura della sua vita: una sentenza definitiva, senza possibilità di appello, fatta di sigle e di parole sconosciute: D10, D11, D12, lesione completa ovvero paraplegia da lesione midollare.

Da quel giorno la vita di Stefano cambiò totalmente.

Da quel momento cosa succede?

“ Non è stato assolutamente facile accettare la realtà, organizzarsi ed adeguarsi ad un nuovo stile di vita. Mi mancavano le forti emozioni che provavo solo praticando i miei sport preferiti come l’arrampicata libera ed il motocross, emozioni che ho poi ritrovato nel volo.

Era il 1993 quando, grazie ad un mio amico, sono salito per la prima volta a bordo di  in un aliante e da quel momento, la passione per il volo è aumentata sempre più. Fin da subito capisco che quella disciplina sportiva poteva aiutare a ridarmi grinta e voglia di vivere. Decido, così, di conseguire il brevetto di volo in aliante, ma in quegli anni in Italia a nessun disabile era mai stata rilasciata una licenza  aeronautica.”

Come è riuscito a prendere il brevetto di volo?

“ La svolta e la soluzione del problema ci fu grazie all’articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 566 del 1988, che prevedeva una deroga nel caso che l’eventuale deficienza fisica, non comprometta la sicurezza del volo.

Questa così detta, “clausola di flessibilità”  ha permesso ai portatori di handicap fisico, purchè affetti da una patologia stabilizzata e non evolutiva, di poter accedere ad un corso di pilotaggio ed eventualmente conseguire il brevetto di volo.

Quindi,  l’11 agosto del 1994 il Col. medico Alberto Vincenti dell’ Istituto Medico Legale dell’ Aeronautica Militare per la prima volta rilascia ad un disabile il certificato di idoneità psico-fisica per accedere al corso di pilotaggio ed effettuare la prova pratica di volo in aliante e successivamente l’esame finale. Lato burocratico a parte, ora avevo bisogno di un velivolo modificato con comandi completamente manuali. La Grob, azienda costruttrice tedesca, recepisce prontamente le mie richieste, adeguando un aliante in vetroresina, un Twin III Acro (messo a disposizione dall’ Aeroclub di Viterbo), alle particolari mie esigenze inserendo il comando manuale del timone direzionale, dei  flaps e del sistema frenante.”

Lei è il primo disabile al Mondo con l’abilitazione all’acrobazia, vero?

“ Si, proprio così.

Nel 1996 ho sostenuto il corso di addestramento con 13 ore di volo, di cui 8 da solista e successivamente ho conseguito il brevetto presso l’aeroporto  di Viterbo (VT). E’stato  il primo brevetto di volo chiamato “di seconda classe “ conseguito in Italia da un disabile.

Non contento di ciò, nel 1998, ho deciso di abilitarmi nell’ acrobazia e, sempre nello stesso anno, è inizia la mia carriera sportiva con la prima vittoria del campionato italiano di acrobazia in aliante nella categoria promozione. Proseguo negli impegni agonistici oltre a quelli lavorativi nel campo dell’ avvocatura: sono passato alle categorie superiori (classe club), mi sono classificato 3° al VI campionato italiano multiclasse- classe club competendo con i migliori piloti acrobatici italiani, nel 2007 mi sono qualificato al 2° posto al campionato italiano di acrobazia classe club mentre nel 2010 al 3°. Ho avuto l’ onore di partecipare a due manifestazioni molto prestigiose, la “ giornata azzurra- open day 2008 che è la più importante manifestazione acrobatica dell’ Aeronautica Militare Italiana e, nella metà di ottobre 2010, al “ air show Roma 2010 presso l’aeroporto Urbe di Roma.

Infine sono testimonial del progetto “per volare” ideato insieme al pilota acrobatico, istruttore e costruttore di aerei Pino Cirimele, progetto che ha lo scopo di dare la possibilità di far volare i disabili con gli ultraleggeri appositamente modificati.”

Cos’è per lei il volo, cosa significa volare?

 " Volare nelle mie condizioni di disabilità, oltre ad essere un’esperienza unica, nello stesso tempo mi ha dato la voglia di ritornare a vivere.

Il volo ha un grande aspetto educativo: insegna l’ autocontrollo, rispettare le regole, ti insegna a prendere le decisioni in tempi rapidi e, come tutti gli sport individuali, sei solo con te stesso. Quando volo lascio la mia carrozzina e da quel momento in poi non ci sono differenze con gli altri piloti, in volo siamo uguali. Importante è mettermi alla prova: quando volo sento di essere al limite delle mie capacità psico-fisiche.

Essere in grado di controllare un aereo negli assetti di volo più inusuali e critici e superare situazioni difficili aumenta ogni volta la mia capacità ed esperienza di pilota e mi dona sensazioni dell  quali ho bisogno e alle quali non riesco più a fare a meno.”

E l’acrobazia?

“ L’acrobazia aerea estremizza ed amplifica le emozioni del volo. Per  praticare questo sport occorre  precisione di pilotaggio, capacità di gestione delle emozioni e lucidità  operativa. L’ acrobazia, lungi dall’essere  improvvisazione, presuppone un ferreo controllo di parametri del volo. Nulla è dato al caso.”

Quando è in volo ha paura?

“ In questo sport la paura è un elemento costante. Il volo ed in particolare l’ acrobazia non  consentono sbagli. Con  il volo raggiungo il  limite delle mie capacità. E’ normale aver paura, ma è anche stimolante vincerla.”

Come ha reagito la famiglia quando gli ha comunicato che voleva volare?

“ Fortunatamente non mi hanno mai ostacolato, è superfluo dire che hanno sempre un pizzico di preoccupazione ogni volta che sono in aliante, ma fortunatamente hanno capito che per me è irrinunciabile.”

Qual è il suo sogno nel cassetto?

“ Il mio sogno è quello di progredire nella mia attività agonistica e raggiungere la massima  categoria detta “Illimitata” gareggiando, così, in competizioni europee e, perché no, mondiali. Sarebbe anche bellissimo continuare a partecipare come pilota ai vari display acrobatici delle tante manifestazioni aeree internazionali per poter mostrare al pubblico quali emozioni può regalare un aliante che evoluisce silenzioso nel cielo blu.

Emozione fortissima per il pilota, ma anche spettacolo indimenticabile per chi osserva a naso in su.”

(jorkyball) JORKYBALL O CALCIO A 2 E’ STATO DEFINITO LO SPORT DEL FUTURO: LA BASE E' IL FAIR PLAY

La Gazzetta Dello Sport/Roma, 15 Gennaio 2010 - by Maria Moroni

 

Il jorkyball è uno sport di squadra che trae influenza dal calcetto a 2 e dallo squash.

Si gioca in un campo di 10 m x 5 m delimitato da pareti flessibili alte 3 mOgni team ha 2 giocatori, un attaccante ed un difensore. Per vincere un set sono necessarie 7 reti, mentre per aggiudicarsi la partita bisogna vincere 2 set su 3 oppure 3 set su 5.

La storia Il jorkyball fu inventato a Lione nel 1987 da Gilles Paniez un benzinaio che, trovandosi nel magazzino un pallone, dopo aver disegnato due alte porte sui muri del magazzino, cominciò a palleggiare ed a cercare di centrarle con la palla.

Dopo pochi anni, il jorkyball da passatempo diventò un vero proprio sport.

Oggi è praticato non solo in Italia ed in Francia, ma anche in Gran Bretagna, Spagna, Portogallo, Belgio, Messico, Ungheria, Israele e Polonia. La federazione Internazionale FIJA con sede a Losanna coordina le Federazioni operanti a livello nazionale organizzando importanti competizioni a carattere europeo e mondiale.

In Italia E’ una disciplina sportiva non ancora riconosciuta dal Coni, ma grazie alla Federazione Italiana jorkyball (FIJ) è uno sport praticato ugualmente da molti appassionati.

I campi da gioco sono dislocati in tutta la penisola ospitando vari campionati, come ad esempio la coppa Italia per club, la super coppa italiana ed il campionato italiano arrivato alla sua 17 ° edizione.

Nel Lazio A Roma presso i 3 centri Jorkyball Club capitolini inizierà la Fija Champions League 2010: i primi tornei si svolgeranno nel Futbolclub dal 25 gennaio al 25 febbraio, nel centro commerciale Roma est dal 29 gennaio al 26 febbraio e presso AP Promontori Ostia dal 08 febbraio al 09 marzo. Le Squadre vincitrici dei rispettivi tornei parteciperanno di diritto alla Fija Super Champions League di Bordeaux in Francia dal 3 al 6 giugno prossimo. 

 

(auto-disabile) LA FORZA DI RINNOVARSI

Corriere Dell'Umbria, 26 Novembre 2010- by Maria Moroni

 

Velocità, primati, adrenalina, famiglia.

Queste sono le quattro parole che descrivono Giulio Valentini. Ha praticato ogni tipo di sport: dal motocross al tennis, dal nuoto alla mountain bike. La sua grande passione sono stati e sono i motori tanto che per 4 anni, dal 1989 al 1992, ha partecipato al campionato umbro di motocross cat. 250 t2 ottenendo ottimi risultati anche a livello interregionale e nelle gare indoor. La sua vita cambia quando nei primi giorni di gennaio del 1993 subisce un grave incidente durante un allenamento di motocross che gli causò la paralisi degli arti inferiori.

Con grande determinazione reagisce ricostruendosi una nuova vita anche grazie allo sport.

Dal 2001 ad oggi è un istruttore della scuola di guida sportiva della F.I.S.A.P.S. (Federazione Italiana Sport Automobilismo patenti Speciali), dal 2002 al 2007 ha collaborato come istruttore di guida sicura con l’audi (audi experience) mentre dal 2007 al 2009 con la volkswagen modility. Attualmente è consigliere federale nazionale della F.I.S.A.P.S. e dal 2009 è consigliere nazionale della CSAI (commissione sportiva automobilistica italiana) eletto come rappresentante dei disabili,  sovrintendendo ed organizzando tutta l’ attività automobilistica italiana, dal Gran Premio di Formula 1 di Monza alle gare minori. Da atleta, tra i vari primati ed ottimi piazzamenti, nel 2004 partecipa all’Uniroyal Fun Cup con una vettura gestita dalla scuderia del Girasole classificandosi al 16° assoluto e premiato come migliore tra i piloti disabili in un campionato con oltre 130 partecipanti. Sempre in quell’anno ha il piacere di partecipare alla gara extra campionato sulla mitica pista di Spa Francorchamps in Belgio sostenendo ben 25 ore di gara. E’ stato il primo disabile a vincere il campionato drive trophy 2005 gareggiando anche con i normodotati, nel 2007 ha vinto il campionato Italian Touring Car championship e nel 2010 ha partecipato alla coppa Italia classificandosi 8° assoluto con l’ Alfa Romeo 147 gta cup.

Dopo l’incidente in moto quando ha cominciato a correre in pista con le autovetture? 

“Nel 1995, a 25 anni, ho contatto la Federazione Italiana Sport Automobilismo patenti Speciali per avere maggiori informazioni su come poter prendere la patente da pilota. In quegli anni la trafila per un disabile era molto difficile e bisognava superer molti test. Ho subito partecipato al corso di guida sportiva della FISAPS e poi al Trofeo Fiat-Fisaps, riservato a piloti disabili. Vinsi il campionato italiano e l’ abilitazione di gareggiare in campionati con piloti normodotati l’ho potuta prendere solo dopo il superamento di un importante test in pista. A Vallelunga, davanti alla commissione composta dall’ex pilota di formula 1 Stefano Modena e da 2 medici del Centro Acquacetosa di Roma, ho dimostrato di avere senso della velocità e della traiettoria e ho dovuto superare il test specifico dell’ abbandono della vetture in condizioni di pericolo in meno di 12 secondi.”

Per lei che cos’è la velocità?

“La velocità è un qualcosa che ho dentro: ho bisogno delle scariche di adrenalina, del contatto sportivo con gli avversari, delle sportellate insomma!!

La velocità è una filosofia di vita. In quei momenti riesco a liberarmi dai mille pensieri che mi frullano in testa. Sono euforicamente concentrato al 100%. Penso solo a quello che devo fare per andare sempre più forte. In quei momenti io e i miei avversari siamo uguali: piloti con le stesse necessità ed esigenze. Le differenze ricompaiono solo quando la gara è terminata e bisogna scendere dalla macchina.”

Nelle gare di automobilismo i disabili e i normodotati partecipano a due campionati distinti oppure non esistono più differenze?

“Nell’ automobilismo ora non c’è più differenza. Oggi poter prendere il brevetto da pilota di auto in pista è un po’ più facile di prima, basta partecipare ai corsi di guida sportiva della FISAPS e chi è ritenuto idoneo all'attività in pista può fin da subito prendere la licenza e scegliere in quale specialità dedicarsi insieme ai normodotati, dalla pista ai rally dalle salite agli slalom etc.

Esiste un solo vincolo uguale per tutti: l’obbligatorietà della cilindrata per chi è alle prime esperienze automobilistiche.

Invece per chi vuole fare il karting delle differenze ci sono ancora, ognuno gareggia nelle propria categoria. E questa è una delle mie lotte che sto portando avanti nella CSAI. Il problema è proprio nel tipo di auto. Nelle vetture è possibile inserire tutte le modifiche necessarie senza perdere in competitività, mentre nei kart l’ utilizzo specialmente del roll-bar non permette la massima resa del mezzo. Fino ad oggi solo una volta un pilota disabile laziale ha partecipato ad una gara di kart con i normodotati, ma è stata un ‘eccezione.”

Come vive la velocità sua moglie Patrizia?

“ Fin dagli anni del nostro fidanzamento Patrizia mi è stata sempre vicino condividendo la mia passione per la velocità. Mi rendo conto che, per chi non è pilota, accettare una passione del genere non è proprio facile. Stando ai box deve necessariamente attendere un mio sguardo per capire se è tutto ok. Fin dal primo anno di gara mi bastava guardarla al muretto dei box per capire come stava andando la qualifica della gara, se mi stavo piazzando bene oppure no!

Agli inizi di questa avventura il mio team era formato da me e da Patrizia. Era anche il mio meccanico, team manager e ufficio stampa. Ora il mio team ha arruolato anche una giovanissima componente tutto fare di nome Lucrezia. E’ nostra figlia di 4 anni, principalmente ha il ruolo di fan.”

Quando deciderà di non correre più in pista?

“ Fino a quando la passione sarà più forte delle varie avversità che la vita riserva e fino a quando, ovviamente, la mia famiglia è disposta a supportarmi e sopportarmi”.